mercoledì 8 ottobre 2025

L'abito fa il monaco?

l Negli ultimi tempi la comunità Goth sembra vivere una nuova guerra: quella dell’abito. Da un lato chi proclama la purezza dello stile (solo vintage, solo handmade, solo mercatini, solo marche gotiche) e dall’altro chi, per necessità o per taglia, trova rifugio nel fast fashion. Come se il valore di un’identità si potesse misurare nel cartellino cucito dentro una giacca.

Molti dimenticano che non tutti i corpi trovano spazio nei mercatini o nei negozi indipendenti, e molte volte i brand dedicati hanno dei prezzi non proprio alla portata di tutti. Le taglie “conformate”, come le chiamano con ironica crudeltà, spesso sembrano nate per punire invece che vestire. Basta un po’ di curve, un po’ di seno, e ci si ritrova davanti a scaffali colmi di abiti goffi, dai colori agghiaccianti, come se l’eleganza fosse privilegio dei corpi esili. Chi ha forme generose o proporzioni non previste dagli standard si ritrova spesso a scegliere tra il nulla e la rassegnazione.

In certi casi, il fast fashion è l’unico luogo dove un corpo può ancora riconoscersi, dove un abito diventa un alleato invece che una condanna. Non è vanità: è dignità e nessuno dovrebbe chiedere scusa per averla. Che poi,secondo me, il problema sta in chi compra una marea di vestiti e capi da indossare tutti i mesi e non di chi una volta all'anno si concede un nuovo vestito della sua taglia.

C’è poi un aspetto che molti ignorano: il fast fashion non è confinato alle vetrine lucide dei centri commerciali o su certi siti internet che tutti noi conosciamo. Lo si ritrova anche tra i banchi dei mercati e nelle botteghe del second hand, dove finisce ciò che qualcuno ha comprato, indossato una volta e poi lasciato andare.

Molti dimenticano che la moda alternativa nasce proprio dalla mancanza: dall’arte del creare con ciò che si ha, dal trasformare l’ordinario in straordinario. Essere Goth non significa ostentare un’etichetta, ma abitare un’estetica che parla di libertà, di rifiuto delle regole imposte, di individualità profonda. L’abito, nel suo tessuto e nel suo colore, è soltanto il mezzo, non il messaggio.

In quei luoghi l’abito cambia destino: da simbolo di consumo a gesto di recupero. Acquistare fast fashion di seconda mano non è un peccato, ma un atto di riciclo poetico, una forma di rispetto verso ciò che altrimenti marcirebbe dimenticato. Ogni vestito, anche il più umile, può avere una seconda vita, una nuova voce.

E forse, in questo, c’è più spirito Goth di quanto molti vogliano ammettere.


Il nero, dopotutto, non giudica.

Non chiede da dove venga il tessuto che lo indossa, ma se chi lo porta ne comprende il linguaggio.

Essere Goth non è mai stato questione di prezzo o provenienza: è un atto d’anima.

E l’anima, quella vera, non conosce mode né stagioni.

mercoledì 1 ottobre 2025

Un appropriazione culturale

Noto con disappunto una nascente e crudele tendenza di persone che fino a ieri sputavano su tutto ciò che era alternativo, appropriarsene semplicemente perché hanno visto qualche personaggio in TV carino. Fino a ieri venivamo perseguitati a scuola dai propri compagni col benestare dei professori, insultati per strada dalla gente ignorante, accusati di essere satanisti, di fare uso di droghe e ora guardateli, pronti a vestirsi alternativi senza sapere nulla di quello che si sta indossando.

Il Goth è musica sopratutto, la sua nascita non è lineare, né semplice. Alcuni lo fanno risalire ai primi lampi del post-punk, quando band come i Bauhaus intonavano Bela Lugosi’s Dead e aprivano scenari sonori mai uditi prima. Altri ne vedono l’essenza nell’incedere magnetico di Siouxsie and the Banshees, o nei canti solenni dei Sisters of Mercy. La verità è che il goth non è nato in un istante preciso, ma come un’eco che si è propagata, sfuggente e inafferrabile, nella musica, ispirata all'arte e alla letteratura.

Più che una data, il goth è una sensibilità che ha preso corpo in quegli anni, un terreno fertile in cui radici diverse hanno intrecciato ombre e visioni. Da lì si è diffuso oltre i confini della musica, trasformandosi in estetica, filosofia, linguaggio dell’anima.

Vestirsi di nero non fa di nessuno un goth: il nero è soltanto la veste visibile di una sensibilità più profonda. Essere goth è avere il coraggio di contemplare la Morte senza tremare, di abbracciare la malinconia senza vergogna, di riconoscere la bellezza anche nell’ombra.

L’estetica è conseguenza, non fondamento. Il nero è un linguaggio, non una moda.

Il goth non è un travestimento, ma un respiro antico che da oltre quarant’anni vibra tra accordi, parole e immagini, e che ancora oggi chiede di essere compreso, non soltanto osservato.

Bauhaus che intonano Bela Lugosi’s Dead, Siouxsie che trasforma la rabbia in incanto, i Sisters of Mercy che scolpiscono inni oscuri. È da lì che tutto comincia. E da lì si espande: nella letteratura, nel cinema, nell’arte, fino a diventare uno stato mentale.

Vestirsi di nero non fa di nessuno un goth: il nero è soltanto la veste visibile di una sensibilità più profonda. Essere goth è avere il coraggio di contemplare la Morte senza tremare, di abbracciare la malinconia senza vergogna, di riconoscere la bellezza anche nell’ombra.

L’estetica è conseguenza, non fondamento. Il nero è un linguaggio, non una moda.

Il goth non è un travestimento, ma un respiro antico che da oltre quarant’anni vibra tra accordi, parole e immagini, e che ancora oggi chiede di essere compreso, non soltanto osservato.

Oggi chi riduce il goth a una tavolozza di eyeliner e stivali non fa che compiere un’appropriazione culturale: prende in prestito le ombre senza conoscere la luce che le genera. È facile vestirsi di nero, è molto più difficile comprenderne il peso simbolico.

Il Goth non è un filtro da applicare a un video né un costume da indossare a piacimento: è un linguaggio complesso, nato da suoni, immagini e pensieri che hanno attraversato decenni. Appropriarsene senza rispetto significa svuotarlo, renderlo sterile, ridurlo a cliché.

Chi ama davvero questa cultura non la indossa soltanto: la vive, la respira, la custodisce. E sa che dietro ogni ombra si cela un mondo intero, che non può essere consumato come un trend stagionale.



mercoledì 24 settembre 2025

Metti una firma qui

Ultimamente mi accorgo di una deriva che serpeggia tra i più giovani della scena (e non solo loro). C’è chi parla di “essere un vero Goth” come se esistesse una lista da spuntare: libri da aver letto, band da conoscere a memoria, abiti da indossare come divise. Una ragazza, in un gruppo, confessava di sentirsi “poco goth” perché alcuni aspetti che credeva indispensabili non le appartenevano, sopratutto le idee politiche. 

Eppure, il goth non è un inventario da completare, né un passaporto da vidimare. È musica, è sensibilità, è uno stato d’animo che abita nelle sfumature dell’anima. Non può ridursi a una serie di prescrizioni arbitrarie.

Questa rigidità, purtroppo, non riguarda soltanto l’estetica. Sempre più spesso vedo i più giovani abbracciare ideologie estreme, che si tratti di nostalgie nere, rosse o del famigerato “woke”, come se una bandiera potesse definire l’oscurità. Ma le bandiere dividono, alzano muri, chiedono obbedienza. E ogni volta che una sottocultura si trasforma in terreno di scontro politico, perde la sua linfa vitale, diventando una caricatura del mainstream che finge di combattere. È vero che molte band sono socialmente e politicamente impegnate ma rimangono scelte personali che possiamo abbracciare o meno.

Il goth, nella sua essenza più pura, è apartitico, perché nasce come libertà individuale, come ribellione ai dogmi. È tolleranza e apertura, non giudizio e imposizione. Le tenebre non hanno tribunali, non chiedono tessere né giuramenti: accolgono chi vi si riconosce, chi sa ascoltare il silenzio e la musica che da sempre ne costituiscono il cuore.

Ricordiamolo: nessuno può possedere le tenebre. Esse non giudicano, non dividono. Sono rifugio e compagna di chi le abita con sincerità.

mercoledì 17 settembre 2025

Le tenebre non giudicano

Da sempre, la comunità goth porta con sé non solo musica, poesia ed estetica, ma anche discussioni che sembrano ciclicamente riemergere, come onde scure che tornano a infrangersi sulla riva.


Ultimamente sento parlare (in alcuni casi urlare) moltissimi appartenenti alla cultura goth di politica, soprattutto i più giovani, rivendicando le radici punk e quindi anarchiche di quella sottocultura. In realtà, il goth non ha mai avuto un orientamento politico o un’ideologia ben definita, essendo intrinsecamente apartitico e caratterizzato da un forte individualismo. Troppo spesso ci si dimentica che il movimento nasce prima di tutto dalla musica e non ha mai lanciato messaggi politici espliciti come altri movimenti affini.


Ciò non significa che sia stato cieco: la cultura goth ha sempre promosso la tolleranza verso ogni forma di diversità. Inclusi aspetti legati a razza, sessualità e genere, opponendosi spesso alle norme e ai ruoli tradizionali, trasformando la trasgressione in una forma di decostruzione sociale. Purtroppo, nel corso degli anni, non sono mancate tensioni legate ad appropriazioni politiche: gruppi di estrema destra hanno cercato di associare a sé alcune band controverse, tentando di piegare l’immaginario goth a ideologie che con esso non hanno nulla a che fare.


La realtà è semplice: la cultura goth rifugge ogni associazione partitica di qualunque genere e si oppone a ogni forma di estremismo, xenofobia e omofobia. Chi si dichiara appartenente a una corrente politica e al tempo stesso alla cultura goth compie una scelta personale, che non può e non deve definire l’intero movimento. Perché la musica resta, ieri come oggi, la sua colonna portante.


L’altra grande frattura riguarda la questione della fast fashion: c’è chi la rifiuta categoricamente in nome di un’etica coerente, e chi invece la considera una scelta individuale, non strettamente legata all’essenza della sottocultura. Anche qui, i toni si accendono, e l’arena diventa un tribunale che divide il “vero” dal “falso”.


Eppure il goth non è mai stato un dogma. È un linguaggio fluido, un intreccio di musica, letteratura, arte, estetica e introspezione. È soprattutto uno stato mentale che abita chi sente affinità con il buio e con la bellezza che vi si cela.


Personalmente non intendo schierarmi né alimentare le divisioni: preferisco osservare, raccogliere e riflettere. Non dimenticate mai che il goth è musica in primis, ed è ancora oggi un luogo protetto, di cui tutti noi siamo responsabili. Le ombre non hanno bisogno di tribunali. Hanno bisogno di anime che sappiano ascoltare.


mercoledì 10 settembre 2025

Non puoi baciare i miei stivali di velluto

 Negli ultimi anni mi trovo a osservare, con crescente disincanto, un fenomeno tanto diffuso quanto inquietante: molti giovani, convinti di aver compreso l’anima goth, si limitano a erotizzare le ragazze vestite di nero, proiettandole in ruoli feticisti da set cinematografico. Mistress, oggetti di desiderio, silhouette fetish: tutto in nome dell’estetica, ma senza alcuna comprensione del goth, della sua storia o delle sue suggestioni più sottili.


Ridurre l’immaginario goth all’equazione semplificata “abito nero = BDSM” è non solo superficialità, ma offesa. Il goth non è un travestimento teatrale da recitare, ma una lingua fatta di musica, poesia, tenebra lirica, estetica decadente, sensibilità. È un sussurro che nasce tra pagine di romanzi intrisi di malinconia, un’impressione che vibra tra accordi post-punk o il chiarore greve di un vinile darkwave. Ridurre un’intera sottocultura a cliché erotici equivale a contemplare solo l’ombra della luna, ignorando il suo fascino silenzioso.

Lo ammetto: l’immagine di una figura in nero, di un collare, o di un dettaglio fetish può suggestionare. Ma trattare una persona goth come un oggetto da desiderare – come se fosse un ruolo da giocare – è negarne l’umanità. È come fissare solo la cornice di un dipinto, ignorando il commovente diaframma dell’anima che abita il quadro.

Provare attrazione estetica è umano, naturale. Ma trasformarla in oggettificazione svuota di senso la bellezza e denuda l’essenza di ciò che si guarda. Le persone goth non sono personaggi in scena destinati a evocare fantasie fetish; sono individui con una sensibilità, una storia, una visione che merita rispetto.

Ecco perché, in questo contesto, si colloca con forza il fenomeno del fetish goth — una corrente che abbraccia senza esitazione l’immaginario BDSM: abiti in PVC e latex, uniforme fetish, harness, dettagli militaristici. Tra i suoi più celebri interpreti figura senza dubbio Nachtmahr, progetto solista del viennese Thomas Rainer. Nato nel 2007, Nachtmahr unisce l’EBM industriale alla carica ipnotica della techno, accompagnato da un’estetica marziale e provocatoria, dove uniformi fetish si intrecciano con coreografie dominanti e sonorità che incarnano potere, controllo e desiderio oscuro .

Rainer ha spesso affermato che l’uso dell’immagine uniformata non è affatto politica, ma un esplicito fetish personale — un’estetica erotica che lo accende e accende chi ascolta . Una provocazione visiva che ha suscitato dibattiti, ma che, almeno nelle intenzioni, nasce più dal desiderio artistico che da un’adesione ideologica.

Il goth non è un travestimento da consumare, ma un linguaggio esistenziale che respira arte, malinconia e sensibilità. Chi si ferma solo alla superficie, incasella chi veste di nero in un cliché erotico, limita sé stesso e tradisce la possibilità stessa di vedere davvero.

Forse è tempo di smettere di proiettare fantasie e iniziare finalmente a guardare con occhi profondi. Perché, al di là di ogni immaginario, non troverai un feticcio: troverai una persona.

E se proprio volete avvicinare una ragazza dell'oscurità, potete leggere i miei consigli  qui


mercoledì 20 luglio 2022

Il fascino dei tarocchi

 


La sottocultura Goth abbraccia un così ampio spettro di personalità eclettiche che è ben difficile riuscire a fare un resoconto esauriente di tutte le sue incredibili sfacettature.In più i Goth hanno gusti differenti tra loro ed è quasi impossibile poterli descrivere tutti. Tra di loro ci sono chi, come me, è appassionato di tarocchi e carte da divinazione e ne possiede una discreta collezione. C'è chi va a caccia di vecchi mazzi magari appartenuti a personaggi particolari oppure provenienti da determinate epoche e chi li colleziona per la loro estetica. 

Ma quando nasce la cartomanzia? Non si hanno notizie certe ma le prime tracce di un oracolo con le carte si trovano proprio tra gli antichi egizi ma per sentir parlare della cartomanzia moderna bisogna aspettare il medioevo dove le carte venivano usate occasionalmente come oracoli ma solo nel 1505 con il Eyn loszbuch ausz der Karten gemacht si ha il primo esempio di cartomanzia, basata su il mazzo di carte tedesco con descrizioni generali sulle predizioni. 


 

La cartomanzia come la conosciamo noi in realtà ha origini piuttosto recenti, tant'è che le prime testimonianze certe risalgono al 1770, con Etteilla, ou la seule manière de tirer les cartes dove l'autore spiega come usare un mazzo di carte francesi per la divinazione, mentre la più famosa cartomante fu Marie Adelaide Lenormand alla quale si pare si rivolgesse anche la prima  moglie di Napoleone, Josephine. 

 Di mazzi di carte per vaticinare il futuro ce ne sono a bizzeffe, tra i più famosi troviamo appunto le Sibille di Lenormand (che hanno una tipologia di lettura completamente diversa dai tarocchi), L'Oracle Belline nato nel 1865 ed usato sopratutto nei paesi di lungua francese e ancora in produzione,  ed i tarocchi classici. 

Al giorno d'oggi possiamo scegliere tra un'ampissima gamma di carte ed oracoli e molte di queste sono ispirate proprio alla sottocultura gotica come quelli dell' Alchemy Gothic, i Tarocchi Gotici di Anne Stokes, le bellissime carte di Luis Royo 

giusto per citarne alcuni, ma con una veloce consultazione su internet sono sicura che troverete il mazzo di carte che fa per voi  magari per iniziare o per ampliare la vostra collezione. 


 

 


mercoledì 3 febbraio 2021

Zanne

 


 

Sopravvissuta più o meno alle numerose quarantene che hanno afflitto il nostro "belpaese" e a tutta una serie di gravi problemi di salute (che continuano a persistere), ho finalmente un pò di tempo da dedicare al mio blog. Oggi vorrei parlarvi di un libro di fumetti molto carino che ho scoperto l'anno scorso e che ho comprato per regalo solo a fine 2020. Si tratta di Fang (o Zanne in italiano) di Sarah Andersen, autrice di fumetti americana famosa per i suoi autobiografici "Sarah's Scribbles" anche lei appartenente alla sottocultura Goth a cui sovente dedica le sue vignette. 

Zanne è la storia di una vampira trecentenaria di nome Ellie che casualmente una sera in un locale, incontra Jimmy, un lupo mannaro. Da questo incontro si dipanano le vignette sulla vita amorosa di questa coppia. Nonostante possa sembrare scontata come trama (racconti e film basati sull'amore improbabile  e molte volte drammatico di due creature della notte ce ne sono a bizzeffe) la Andersen racconta la vita quotidiana e i problemi della coppia con una delicatezza molto romantica, senza tralasciare l'humor nero che accompagna entrambi i personaggi dimostrando che nonostante le grandissime differenze sopratutto di stile di vita di entrambi possono essere superati se ci si ama veramente. 


 

Il tratto in bianco e nero della Andersen è essenziale e non è detto che piaccia a tutti, ma la storia secondo me vale la pena leggerla, un pò come tutti i libri dell'autrice. Il fumetto è rilegato con una copertina rigida rossa che ricorda molto i vecchi libri del secolo scorso. Qui il link di Amazon  per poter comprare il fumetto.

Fatemi sapere se lo avete letto e cosa ne pensate.